PRIMA: 27 giugno 2009, Racconigi REGIA: Koji Miyazaki TESTO:Vincenzo Gamna, Marco Pautasso INTERPRETI:Elide Giordanengo, Anita Cordasco, Adriana Ribotta, Cristiana Soci, Daniela Gazzera, Fabio Ferrero Il rinvenimento casuale ma fortunato, in un deposito del comune di Racconigi, di un quadro di Giuseppe Augusto Levis, allievo di Delleani, raffigurante la fuga disperata di alcuni superstiti del terremoto di Messina del dicembre del 1908, è la fonte ispiratrice di questo spettacolo. La visione inattesa e folgorante di quel dipinto è la scintilla che ha acceso la nostra creatività, e che ci ha spinto ad una breve ma intensa azione teatrale. Quel quadro, oltre a fornire l’intuizione drammaturgica, costituisce anche l’ apparato scenografico predominante della messinscena. Un’opera per altro incompiuta, intitolata Piangenti , dipinta forse per farne dono allo Zar Nicola II in occasione della sua visita ufficiale a Racconigi nell’ottobre 1909, come ringraziamento per l’aiuto straordinario offerto dai marinai russi nel terremoto di Messina. Un dipinto dall’enorme capacità evocativa, e soprattutto, dall’oscura potenza rivelatrice. Che ci dice ben oltre l’immagine. Che sembra oltretutto farsi specchio del nostro drammatico presente, avvicinando L’Aquila a Messina. Come a spezzare la linea del tempo, riscrivendo e rovesciando gli assi della temporalità. L’azione teatrale sembra apparentemente riprodurre gli schemi propri della tragedia greca. Ha invece gli stigma e i colori di un’estenuante cerimonia funebre fuori dal tempo, dove la cognizione del dolore pare incarnarsi, scolpirsi nel volto delle nostre “piccole madri”, tanto da mostrarsi quasi sublimata, come filtrata dalle lenti di un disincanto: la consapevolezza cioè che l’angoscia per il proprio destino, quel senso lacerante derivante dal rapporto irrisolto tra uomo e mistero, debba invece trasfigurarsi in un sentimento di rassegnazione e, conseguentemente, di pacificazione. Come a voler rappresentare, di fronte a questi eventi tragici, a queste terre infrante , ieri come oggi, la nostra inadeguatezza, la nostra incompiutezza, proprio come il quadro di Levis. Perché, d i quel che accade, noi sappiamo solo che accade, ma non ne possediamo mai il significato. L’evento è oscuro. Sempre.
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