Dal 24 aprile online, un reading collettivo per celebrare la Liberazione
Progetto Cantoregi, in collaborazione con Anpi Racconigi e Comune di Racconigi, celebrano l’impegno coraggioso, la profonda passione civile, la risoluta fedeltà ai valori di libertà e fratellanza, o meglio dire sorellanza, delle donne durante la Resistenza, con l’iniziativa online “VOCI DI LIBERTÀ. Oratorio laico sulla Resistenza delle donne”.
Un reading collettivo a più voci, per raccontare l’impegno femminile nella lotta per la di liberazione dell’Italia dal nazifascimo, ripreso alla Soms di Racconigi e trasmesso dal 24 aprile sui canali social e sul sito di Progetto Cantoregi e sul sito del Comune di Racconigi. Ora visibile a questo link.
In scena per “Voci di libertà” le attrici Irene Avataneo, Chiara Franza e Alessandra Lappano. Interventi di Pierfranco Occelli, presidente della sezione Anpi di Racconigi e Valerio Oderda, sindaco di Racconigi.
I racconti delle partigiane sono tratti da “La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi” di Rachele Farina, Anna Maria Bruzzone (Bollati Boringhieri, 2016). Durante il periodo della Resistenza, le donne si sono impegnate nella lotta di Liberazione su più fronti: «nello scontro armato, nel lavoro di informazione, approvvigionamento e collegamento, nella stampa e propaganda, nel trasporto di armi e munizioni, nell’organizzazione sanitaria e ospedaliera, nel Soccorso rosso, […] nei Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà». [Anna Bravo, Resistenza civile, in Dizionario della Resistenza, a cura di Enzo Collotti, Renato Sandri e Frediano Sessi, Einaudi, 2000].
Antifasciste per scelta personale o tradizione familiare, appartenenti a tutte le fasce sociali e impegnate in ogni professione, giovani e anziane, provenienti da tutta Italia, con armi o senza, le donne hanno partecipato attivamente alla guerra di Liberazione, divenendo un elemento imprescindibile della Resistenza. Insieme e al pari degli uomini sono state protagoniste della Resistenza civile. Alcune loro azioni di massa hanno ottenuto risultati molto significativi sia da un punto di vista strategico che politico. Solo a 35.000 donne, a fronte di 150.000 uomini, è stata riconosciuta la qualifica di “partigiana combattente”, nonostante un impegno, nei fatti, molto incisivo [fonte: sito Anpi].
Ada Gobetti bene ricorda il ruolo delle donne: “Nella Resistenza la donna fu presente ovunque: sul campo di battaglia come sul luogo di lavoro, nel chiuso della prigione come nella piazza o nell’intimità della casa. Non vi fu attività, lotta, organizzazione, collaborazione, a cui ella non partecipasse: come una spola in continuo movimento costruiva e teneva insieme, muovendo instancabile, il tessuto sotterraneo della guerra partigiana”
L’intervento di Pierfranco Occelli per “Voci di libertà”
«Il ruolo delle donne nella Resistenza è stato importantissimo, meglio, fondamentale, anche se non abbastanza valorizzato. Parteciparono numerosissime ai venti mesi di epopea partigiana, anche se pochissime di loro ebbero poi la qualifica di partigiane combattenti. Non l’ebbero perché la maggioranza di loro erano staffette, ruolo fondamentale, pericolosissimo e rischioso quant’altri, ma solo che nella maggioranza dei casi era senz’armi. Tenevano i collegamenti, portavano ordini, munizioni, documenti e stavano sempre, o quasi, nelle zone ad alta densità di armati nazifascisti. La qualifica di partigiano combattente voleva però dire partecipare ad azioni armate, stare in brigate, sparare. Oggi ne comprendiamo tutti l’importanza, nell’estate del ’45 un po’ meno. Celebrare il 25 aprile è troppo importante anche in tempi di pandemia, perché questo è per l’Italia una data fondamentale ed emblematica. È la data non solo della Liberazione dalla dittatura fascista, ma è quella che ci richiama subito alla mente i valori su cui si basa la nostra Costituzione: libertà, democrazia, giustizia sociale, uguaglianza, accoglienza senza discriminazioni. Per questi valori si sono battute e spesso ci hanno lasciato la vita, le donne della Resistenza, così come gli uomini. Donne che poi erano le nostre mamme, le nostre nonne, le nostre zie. Visto che usiamo i social, strumenti per i quali sono sicuramente più avvezzi i giovani più che noi vegliardi, spero siano proprio loro a comprendere questi valori che noi tramandiamo, anche se i fatti ai quali ci riferiamo sono ormai lontani nel tempo. Tocca a loro, gli antifascisti del nuovo millennio, non solo portarli avanti, ma anche rinverdirli, attualizzarli, renderli vivi. Far capire ai loro coetanei che gridare oggi Viva il 25 Aprile, significa urlare contro la discriminazione, lo sfruttamento, per la difesa dell’unica terra che abbiamo. Noi vecchi non siamo più in grado di farlo».