IL SETTECENTO DEI CONTADINI PRIMA: Carignano, Piazza S. Giovanni, 11 settembre 1981 TESTO: Vincenzo Gamna e Aldo Longo REGIA: Vincenzo Gamna MUSICHE: Carlo Artero, Domenico Ravizza, Eraldo Sommacal COSTUMI: Lionello Genero SCENOGRAFIA: Koji Miyazaki COREOGRAFIE: Carla Galliano INTERPRETI: Piera Meinardi (la portinaia), Nuccio Cantamutto (Vittone), Orazio Ostino, Filippo Lomello e centoventi attori carignanesi Articolo tratto da “La Stampa” Un paese intero recita “Le man veuide” Epopea di straccioni nella Carignano del ‘700 Continua la marcia regolare di Vincenzo Gamna nella storia, le cronache, la gente di Carignano. Quattro anni, quattro spettacoli, anzi quattro autodrammi. L’ultimo, in scena come di consueto in piazza San Giovanni, è Le man veuide, scritto dallo stesso Gamna in collaborazione con Aldo Longo e rappresentato dalla gente di Carignano e dei comuni vicini. Gamna risuscita un Settecento minore, appartato, lontano dai grandi rivolgimenti politici eppure, a suo modo, così rivoluzionario e lacerato. Racconta la fondazione dell’ospizio Frichieri, nella prima metà del secolo “illuminato”, e da questa cellula narrativa spinge lo sguardo all’assetto politico e sociale di Carignano. Spiega innanzi tutto le ragioni storiche della costruzione, adombrando così quei motivi di sicurezza sociale, quei timori di rivolta che spingevano Vittorio Amedeo II a sollecitare l’edificazione di ricoveri, che erano al tempo stesso alberghi dei poveri ed orfanotrofi. Ed è interessante vedere, nello spettacolo, come l’editto venga utilizzato dalla classe nobiliare non solo per rendere ancora più netto il distacco da sé e la corte plebea che sfila turbolenta sotto i suoi occhi, ma anche per esercitare una forma di carità pelosa e per fare emergere la propria ipocrisia e vanesia generosità. Gamna ha raccontato questa epopea di straccioni con finezza e gusto, non si è mai lasciato travolgere dagli intenti dimostrativi. Sebbene impegnato nel lavoro di ricostruzione storica, Gamna non ha mai dimenticato di essere un uomo di spettacolo e ha insinuato nella rappresentazione momenti teatralissimi, che culminano nelle baruffe vagamente goldoniane del mercato, nell’irresistibile minuetto del serviziale e nei tableaux vivants che, pur così suggestivi, rischiano di sconfinare nel puro decorativismo. Osvaldo Guerrieri Articolo tratto da “La Voce del Popolo” Festa e popolo Per sei sere Carignano ha celebrato se stessa. Si è messa in scena in tutti i sensi. “Le man veuide” di Aldo Longo e Vincenzo Gamna – che ne è anche il regista – racconta il dramma della vecchiaia attraverso le vicende del locale Ospizio Frichieri al tempo della sua fondazione, nel ‘700. E’ una storia di paese che ripete le situazioni diffuse nel secolo dei lumi: i poveri i vecchi, i bambini – l’utilità scoperta degli “Ospizi” e degli “Alberghi” – vengono in questi emarginati, più per esigenze di ordine pubblico e di stabilità sociale che per sentimenti religiosi e di carità. A recitare la commedia in due tempi e venti scene, presentata dalla cooperativa “Progetto Cantoregi” sono in 120: festa di popolo. Dietro c’è tutta la collaborazione del paese. Gli attori non professionisti costituiscono una vera sorpresa: ben diretti, recitano altrettanto bene, forse perché non recitano, ma vivono. La narrazione procede per quadri policromi, a grande effetto, quasi imposti dal regista, che bloccano a tratti il libero fluire della rappresentazione popolare. Teatro di popolo, con scene ed espedienti che vogliono forzatamente ricreare la classica impostazione del teatro chiuso. Nel complesso la suggestiva soluzione scenica, ricavata al cospetto dell’austero duomo in piazza San Giovanni, le funeree processioni e gli allegri cortei, i continui rimandi tra il grigio e il colore, tra la febbrile esistenza del popolo e l’inebetita oziosità dei marchesi,. Tra la puzza di morte e il profumo di vita, l’inaspettata bravura degli attori, offrono un risultato eccellente e godibilissimo. Sembra di partecipare ad una di quelle cerimonie che da sempre abbiamo nella mente, sappiamo che esistono, ma non possiamo dire da dove vengano. Come i vecchi che raccontano storie. Lo spettacolo di Carignano è l’ingegnosa visualizzazione dei loro ricordi, dei racconti dei nonni e dei vecchi zii. Sfugge un po’ d’enfasi, ma la secca saggezza piemontarda è vigile. E il pubblico rimane, affascinato e incuriosito sopportando anche la pioggia. Gian Luca Favetto
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